16 ott 2010

storia di Ottaviano

Alle falde del versante orientale del Monte Somma, tra gli altri paesi dell’area vesuviana, si estende Ottaviano. Nella storia delle terre vesuviane, ha svolto da sempre un ruolo importante. Trovandosi in una posizione strategica, da cui era possibile controllare le grandi vie di comunicazione tracciate nella ricca e fertile pianura, è diventata simile ad un capoluogo di un territorio ampio, ricco, popoloso e come centro amministrativo del comprensorio. Gli studiosi fanno risalire tale denominazione alla gens Octavia, la gens di Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, che nel territorio possedeva un feudo con villa.
Le acque dell’antico Veseri
scorrerebbero ancora oggi nel sottosuolo, aprendosi la via tra le rocce. Nel ’73 a.C. , nell’ultimo periodo repubblicano, scoppiò la guerra servile. Si racconta che Spartaco, il ribelle gladiatore tracio, sarebbe sceso dal Vesuvio, dal lato di Ottaviano, attraverso il burrone della “Carcova”, che avrebbe radunato migliaia di schiavi e cogliendo di sorpresa i Romani li sterminò. Nel 1083, il Papa Gregorio VII, che fuggiva la furia vendicativa di Enrico IV, fu ospite del feudatario del tempo. Nel 1532 Fabrizio Maramaldo, l’uccisore di Francesco Ferruccio, comprò per 14.000 ducati il feudo di Ottaviano, che nel 1551 lo rivendette a don Ferrante Gonzaga, principe di Molfetta. Una nuova epoca iniziò quando don Ferrante Gonzaga, nel 1567, cedette Ottaviano, per la somma di 50.000 ducati, a don Bernardello dei Medici, fratello del futuro Leone XI. Cominciò allora la dinastia di questo ramo dei Medici di Firenze, i cui eredi erano fino a pochi anni fa ancora proprietari del castello. Oggi il Castello mediceo, dopo una lunga e laboriosa opera di restauro, sta per essere consegnato alla Città. Con contratto di comodato gratuito, registrato in data 26.06.03, stipulato tra il Comune di Ottaviano e l’Ente Parco del Vesuvio, parte del Castello è stato destinato a sede legale ed operativa del detto Ente Parco. Tantissimi sono stati gli uomini illustri che Ottaviano ha ospitato nel corso dei secoli, tra i più significativi si annoverano: Giuseppe Bonaparte, Pietro Colletta, Vincenzo Monti, Carlo Poerio, Gabriele D’Annunzio ed Enrico De Nicola. La ricchezza venne alla città, nel corso dei secoli, dall’agricoltura e dall’artigianato; la sua vita sociale fu sempre sollecitata da impulsi di varia natura, i quali hanno sempre animato un popolo schietto, attento all’evoluzione ed al progresso, tale da attraversare, in sintonia con il Paese, i vari momenti dello sviluppo. Un passato abbastanza recente ha visto l’espandersi di una miriade di piccole e medie imprese, accanto alla tradizione artigiana, che ha conquistato mercati prestigiosi e dato lavoro ad un consistente numero di operai e tecnici. Il ripristino di tradizioni ed attività antiche è da porre accanto e nella “nuova economia”, poiché non è assurdo valorizzare insieme le albicocche dolci di lava vesuviana e la tecnologia in continua evoluzione di “software” e “videofonini”, l’attenzione dovuta alla legalità di ogni ordine e grado; il fermento di aggregazioni sociali; i centri di studi e di cultura. Ottaviano vive e si sviluppa sulle pendici del Somma – Vesuvio proprio come “la ginestra”, fiore del deserto che profuma l’aria ad onta di ogni pericolo e di ogni paura ed esalta, così, tutta la ricchezza del vivere. Attualmente, il territorio del Comune di Ottaviano è composto dal capoluogo e dalla frazione di San Gennarello e si estende per Kmq 19,600 così come da fogli catastali; esso comprende grossa parte del complesso Monte Somma – Vesuvio e confina con San Giuseppe Vesuviano, Terzigno, Boscotrecase, Ercolano, Somma Vesuviana, Nola e San Gennaro Vesuviano. Il Comune, negli atti e nel sigillo, si identifica con il nome “Comune di Ottaviano” a cui è stata concessa la denominazione “Città di Pace”.
Castello mediceo - Dalle origini al Medioevo
All’ inizio fu un “castrum” longobardo, un fortilizio destinato al controllo dell’ampia pianura nolana e di una strada fondamentale per il commercio del grano. I Del Tocco, i D’Aquino, gli Orsini, e Fabrizio Maramaldo, che, nello scorrere della storia, furono a vario titolo i signori del sito, non alterarono i caratteri struttivi della fortezza. Nel 1085 il Castello ospitò il Papa Gregorio VII e nel 1304 fu distrutto da Carlo D’Angiò per essere poi ricostruito a partire da 1567 da Bernardetto dè Medici.
Dal 1500 a Giuseppe III Medici
Bernardetto Medici era figlio di quell’Ottaviano Medici, che, secondo Benvenuto Cellini, coltivava con pari intensità la prepotenza e l’amore per le arti; Giulia Medici era figlia naturale del duca Alessandro, e nipote prediletta di Caterina, regina di Francia. Il pronipote di Bernardetto e di Giulia, Giuseppe I Medici, diede al “castello” la forma che ancora oggi possiamo ammirare. Gli allievi del Sanfelice e Luca Vecchione ingentilirono la facciata che dà sulla strada con serie di finestroni, coordinandoli con la verticalità degli alberi e con l’intensa luminosità che vi spiove dalle colline di fronte in alcune ore del giorno; invece, conservarono alla facciata che dà sul giardino interno la severità e la monumentalità del maniero aragonese: caratteri che vengono vigorosamente sottolineati dalla maestosa scalea, in cui è chiara l’impronta del Sanfelice, e dal portone orlato di pietra vesuviana. Le numerose stanze, che il principe Giuseppe III Medici ornò di soffitti e di pavimenti in maiolica e di affreschi del Mozzillo, si affacciano su due corti interne, la seconda delle quali era riservata a spettacoli teatrali e musicali. Giuseppe III fece completare anche la scuderia e, seguendo la moda, impreziosì il giardino con numerose piante esotiche.
Dalla fine del 1700 ad oggi
Alla fine del ‘700 il Palazzo de’ Medici era certamente uno degli edifici più belli e innovativi: le sue forme si inserivano con armonia in un paesaggio, allo stesso tempo, sublime e pittoresco. L’eccezionalità di questa convergenza fu colta magnificamente nello splendido quadro del 1776, in cui I. Volare ( o P. Fabris) rappresentano, sullo sfondo della Montagna e del Palazzo, i novelli sposi Sigismondo Chigi e Maria Giovanna de’ Medici, che, apprestandosi a partire per Roma, salutano il principe Giuseppe III Medici, fratello della sposa, e la moglie Vincenza dei Caracciolo d’Avellino. Il Castello, signoreggia dall’alto in una splendida e panoramica posizione, sulla collina di Montevergine, dove l’archeologo Amedeo Maturi riportò alla luce, nel 1947, rilevanti testimonianze di ville “vinarie” di epoca romana. Quello che negli anni bui della camorra era diventato il simbolo della prepotenza e del malaffare sarà il luogo della legalità, della cultura e dell’amore per l’ambiente ove soprattutto i giovani del nostro territorio potranno, insieme al Parco, costruirsi un futuro migliore. Sono in atto lavori di ristrutturazione al fine di adibire delle parti per la realizzazione di alcuni progetti curati dal Comune. Per opera dell’Amministrazione Comunale di Ottaviano e del Ministero dell’Ambiente, il Castello diventerà sede e centro di ricerca del Parco Nazionale del Vesuvio. Attualmente, gli spazi aperti sono luogo preferito per la realizzazione di manifestazioni ed eventi culturali, artistici e turistici.
Opere artistiche
In Ottaviano ci sono 14 chiese piene di opere d’arte, ma le più ricche sono quelle della chiesa Madre di San Michele Arcangelo (opere di Angelo Mozzillo) e della chiesa del SS.Rosario (opere del Mozzillo. Boscoli e Ferraù Fenzoni). Altra opera importante è la statua di San Gennaro Vescovo attribuita al famoso scultore Matteo Bottigliero. Attualmente è in restauro l’antico magnifico palazzo Mediceo, nella parte alta della cittadina, dove è collocata anche la sede del Parco Nazionale del Vesuvio. Esso era un antico castello posto a difesa del borgo ottavianese traformato poi in palazzo da Bernardetto de' Medici e dalla moglie Giulia de' Medici quando acquistarono il feudo nel 1567.

Feste e folklore
Molte sono le feste popolari che si tengono a Ottaviano, ma la più importante, sia dal punto di vista civile che religioso, è quella della festa patronale di San Michele Arcangelo dell'8 maggio durante la quale si svolge il famoso Volo degli Angeli.
OSSERVATORIO VESUVIANO:
L'Osservatorio Vesuviano è la più antica istituzione scientifica dedicata allo studio dei vulcani, la cui fondazione risale al 1841. La sua sede originaria, un elegante edificio di gusto neoclassico progettato dall'arch. G. Fazzini, è ubicata sul Vesuvio, sul Colle del Salvatore, tra Ercolano e Torre del Greco, a 608 metri di quota.Il luogo scelto si mostrava particolarmente adatto, in quanto sufficientemente distante dal cratere da non essere raggiunto dai lapilli e dai proietti di grosse dimensioni, e abbastanza elevato sull'originario piano di campagna, tanto da non essere interessato dalle colate di lava che furono eruttate dopo la sua costruzione.
La richiesta di fondare l'Osservatorio fu avanzata al Governo Borbonico nel 1806 e nel 1829 da Teodoro Monticelli, segretario perpetuo dell'Accademia delle Scienze di Napoli.
1839 La richiesta di fondare l'Osservatorio è accolta dal Re Ferdinando II . Nelle intenzioni del Re e del suo ministro Nicola Santangelo, fervido sostenitore del progresso della tecnologia e delle scienze, l'Osservatorio doveva costituire un luogo di ricerca ed osservazione dei fenomeni naturali.
La direzione fu affidata ad un illustre fisico del tempo, Macedonio Melloni, che aveva a lungo soggiornato a Londra e a Parigi, collaborando con eminenti scienziati, le cui ricerche riguardavano lo studio della propagazione del calore e del campo magnetico terrestre. Tra le varie scoperte, egli aveva constatato che le radiazioni luminose, termiche e chimiche erano della stessa natura. Melloni era di idee liberali e, a causa di ciò, era stato già allontanato dall'Università di Parma, dove insegnava Fisica.Tra gli amici di Melloni vi era Alexander von Humboldt, eminente geologo, convinto assertore del plutonismo, teoria secondo la quale le rocce sono il prodotto di fenomeni endogeni che avvengono all'interno della Terra, a cui anche il Melloni aderì. Fu proprio Von Humboldt a promuovere la venuta di Melloni presso la corte borbonica.
10 Luglio 1839 Il Re nomina Macedonio Melloni Direttore dell'Osservatorio. Inizialmente questi chiese che l'Osservatorio venisse costruito alla Riviera di Chiaia perché "le lave, essendo calamitate, perturbavano gli apparecchi magnetici". Le sue richieste non vennero esaudite.
1841 Inizia la costruzione dell'Osservatorio e della strada che doveva collegarlo a Resina; Melloni ottenne comunque delle sovvenzioni per acquistare strumenti meteorologici e fisici.
1845 Avviene l'inaugurazione , a costruzione non ultimata, in occasione del VII Congresso degli Scienziati Italiani.Durante il Congresso Melloni presentò un lavoro di vulcanologia, in cui sosteneva che i vulcani a doppio recinto, come il Somma-Vesuvio, hanno un serbatoio magmatico profondo, in stretta aderenza alla teoria plutonista.
16 marzo 1848 L'Osservatorio entra in funzione, due mesi prima dei moti liberali. Melloni, di cui si continuavano a sospettare frequentazioni e simpatie liberali, cadde in disgrazia presso la corte e fu destituito dalla direzione il 6 novembre 1849.
Nel 1852 Luigi Palmieri, titolare della cattedra di Filosofia all'Università di Napoli, ottenne il permesso di utilizzare l'Osservatorio per i suoi studi.

8 dicembre 1855 Luigi Palmieri è nominato Direttore. Fu fatta costruire una torretta meteorologica e in cui fu trasportata una piccola parte degli strumenti acquistati dal Melloni a Parigi. Parte di quella strumentazione è, invece, ancora oggi custodita al Dipartimento di Fisica dell'Università di Napoli.
Negli Annali dell'Osservatorio Vesuviano, rivista scientifica che fondò e di cui curò le edizioni fino alla morte, Palmieri ci ha lasciato minuziose descrizioni delle eruzioni tra il 1855 ed il 1872, in particolare per quelle del 1858 e del 1872. Luigi Palmieri divenne, nel 1860, professore di Fisica Terrestre; venne così a realizzarsi una stretta e proficua collaborazione tra Osservatorio e Università. Palmieri si dedicò allo studio dell'elettricità atmosferica e ideò il primo sismografo elettromagnetico, che misurava e registrava l'intensità, la durata e la provenienza di una scossa sismica. Tra gli strumenti di sua invenzione ricordiamo anche l'elettrometro bifilare. Dai suoi studi e dalle sue osservazioni nacque la sorveglianza strumentale del Vesuvio e quindi di tutti gli altri vulcani attivi.
Nel1872 si verificò un evento drammatico: un gruppo di studenti, spinti dalla curiosità di osservare da vicino il fenomeno, perse la vita in seguito al gran flusso di lava che improvvisamente fuoriuscì dal fianco nord-ovest del vulcano. In quel momento Palmieri si trovava a Napoli, a prendere delle strumentazioni.
L'evento scosse particolarmente Palmieri, che non si allontanò più dall'Osservatorio.
Dopo pochi giorni l'edificio fu pericolosamente circondato dalle lave; il Palmieri rimase al suo posto ad osservare e registrare i fenomeni e, per tale atto di coraggio e per la sua attività, nel 1876 fu nominato Senatore del Regno d'Italia.
Il Governo decise, inoltre, di installare un telegrafo all'Osservatorio per facilitare le comunicazioni e per evitare quella situazione di isolamento che inizialmente aveva destato tanto timore. Tale intervento da parte delle autorità costituisce uno dei primi esempi di azioni di protezione civile finalizzati alla salvaguardia delle popolazioni residenti in aree vulcaniche attive.
1903 Dopo la morte di Palmieri e la breve permanenza di Eugenio Semmola, la guida dell'Osservatorio fu assegnata al geologo Raffaele Vittorio Matteucci. Questi si prodigò con coraggio, nell'osservazione degli eventi eruttivi, in particolare durante l'eruzione del 1906, che seguì dall'Osservatorio, e da dove diramava drammatici resoconti tramite la linea telegrafica. Matteucci fu anche decorato con una medaglia d'oro per la coraggiosa opera svolta.
1911 A Matteucci succede nella direzione Giuseppe Mercalli fino al 1914.
Mercalli aveva dedicato la propria vita all'osservazione ed alla ricerca vulcanologica e sismologica. Fu il cronista accurato di tutti i più importanti terremoti e delle maggiori eruzioni vulcaniche che avvennero durante il quarantennio della sua attività scientifica. Tra i suoi meriti, ricordiamo la scala empirica dell'intensità dei terremoti basata sugli effetti prodotti, che da lui prende il nome, e la classificazione delle eruzioni vulcaniche.

1927 Tra i successori di Mercalli, ricordiamo Alessandro Malladra (direttore dal 1927 al 1935), che fu anche per molti anni il segretario del Comitato Vulcanologico Internazionale, ed il fisico Giuseppe Imbò, che potenziò la struttura con nuove apparecchiature geofisiche, secondo il modello degli osservatori giapponesi, e predisse l'eruzione del Vesuvio del 1944.
Negli ultimi decenni l'Osservatorio Vesuviano ha visto una continua crescita ed un continuo allargamento dei suoi interessi scientifici, anche nel campo della sorveglianza dei terremoti ed in altri settori come lo studio delle deformazioni del suolo, la determinazione del campo gravimetrico, ecc.
La sua attività attuale spazia dalla Geofisica, alla Vulcanologia ed alla Geochimica. Inoltre, la struttura dell'Osservatorio svolge la sorveglianza 24 ore su 24 de e costituisce un riferimento ufficiale per le autorità della Protezione Civile, sia a livello nazionale che locale, per la pianificazione dell'emergenza connessa con fenomeni vulcanici.
L'Osservatorio svolge inoltre una intensa attività educativa, attraverso molteplici iniziative, quali seminari, corsi di formazione per docenti, distribuzione di bollettini relativi alla sua attività ed opuscoli divulgativi. L' antico edificio borbonico ospita una Mostra permanente che conduce il visitatore attraverso un affascinante percorso nel mondo dei vulcani. Sono inoltre esposti alcuni strumenti scientifici e campioni di rocce e minerali che costituiscono una testimonianza del secolare lavoro che vi si è svolto. Nella stessa prestigiosa sede si svolgono convegni nazionali ed internazionali.
L'Osservatorio Vesuviano coopera attivamente con molti istituti di ricerca internazionali ed ospita un grande numero di ricercatori provenienti da tutto il mondo.
QUESTO SOTTORIPORTATO è INVECE IL P.U.C.

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